Boccioli nel fango – Estratto

Appunti di viaggio e riflessioni da un campo profughi al confine turco-siriano

Clicca qui per acquistare il libro e supportare il lavoro della Onlus italiana Support and Sustain Children al campo profughi al confine turco-siriano, di cui racconta il libro, e altrove

Qui è evidente che le ragazzine che da noi frequenterebbero la scuola media, magari vanno in una delle due tende Arcobaleno, che fungono da scuola qui al campo, però, siccome questo è lo strato della popolazione che già in Siria era molto umile e non è istruito, ancora sono praticate tradizioni, se così possiamo chiamarle, aberranti come il matrimonio precoce. Qui, infatti, le ragazzine di 12 o 13 anni sembrano già delle donne, non tanto fisicamente, perché se le guardi in faccia hanno ancora i lineamenti da bambine, ma per come si comportano.

Parlo con una donna, Saha, di 35 anni, appena due meno di me. “In Siria abitavamo vicino ad Aleppo, dove lavoravo. Anche mio marito lavorava; era un venditore di pane. Un giorno, all’improvviso, delle bombe sono cadute sul nostro villaggio e siamo fuggiti. Siamo arrivati in Turchia illegalmente, perché abbiamo perso tutto, inclusi i documenti. Avevamo solo gli abiti che indossavamo al momento della fuga. Non avendo alcun soldo, siamo venuti qui nel campo perché per vivere nella città avremmo avuto bisogno di denaro. In Siria avevamo una casa e dei terreni nostri, ma ora abbiamo solo una tenda. Mio marito lavora nei terreni qua vicino, io mi occupo dei bambini. In Siria avevamo tutto: una casa, la scuola, dei lavori, il cibo eccetera. Qui non abbiamo niente. Mio marito guadagna molto poco e con quel poco va al market per comprare quello che basta per farci sopravvivere. La vita qui nel campo è molto difficile. La mia famiglia è composta da dieci bambini, il più grande ha undici anni, non possono lavorare.”

Le chiedo che cosa spera per il futuro: “Voglio tornare a casa”.

**

Siamo alla distribuzione dei pacchi nella zona di Abu Khaled, c’è molta confusione, persone che si accalcano per prendere il proprio pacco alimentare. Tanti di questi bambini sono bellissimi, con degli occhi meravigliosi, che parlano da soli. Anche molte ragazze o giovani donne sono davvero belle.

Ricordiamoci sempre che è solo un caso, un bel colpo di fortuna sfacciata, se noi andiamo al ristorante e se queste persone si accalcano in maniera quasi animalesca per avere dei pacchi alimentari contenenti quello che la maggior parte di noi compra, senza pensarci neanche tanto, quando va a fare la spesa al supermercato. Ci tengo a stressare su come queste persone siano come noi; non valgono meno di noi, noi non valiamo più di loro. Loro non sono peggio di noi. Noi non siamo migliori di loro. Queste persone, anche quelle con il maggior numero di difetti, se vogliamo chiamarli così, hanno come unica colpa quella di essere fuggite da un Paese in guerra. I bambini e i ragazzi, poi, sono l’innocenza, la bellezza e l’educazione fatta persona. Sono la vita, che ancora brilla nei loro occhi, si ode nelle loro risa, si accende di speranza ogni volta che entrano in una delle due tende Arcobaleno, che fungono da scuola. Se devono vivere in queste condizioni, è solamente perché nella loro terra avrebbero rischiato di morire. Ricordiamocelo.

**

Shahed, 10 anni, “Da grande voglio diventare un’insegnante.” Le chiedo che cosa le viene in mente quando pensa alla vita al campo. “Nella mia mente vedo la spazzatura, la sporcizia… queste sono le prime cose che mi vengono in mente”. Le domando, poi, che cosa vorrebbe che ci fosse al campo, “Più cibo e più tende”. Lei vive qui da cinque anni e ricorda pochissimo della Siria. “Mi ricordo le case, i paesi…”.

Le chiedo, poi, cosa vorrebbe dire ai sostenitori di Support and Sustain Children. “Grazie perché mi aiutate; vi voglio bene”. E poi aggiunge: “Vorrei tornare in Siria”.

**

Sono le 8.20 circa, sono seduta sul letto in hotel. Inizio a ignorare la sveglia quando suona. Ieri sera siamo venuti via dal campo alle 20.30 circa e ci siamo persi, nel senso che eravamo in macchina fra le vie del campo e non trovavamo più l’uscita. Era buio e potevo vedere chiaramente come non tutte le tende hanno l’elettricità. Cosa fai quando fuori è buio, e magari pure freddo o piovoso, non hai niente con cui scaldarti davvero, verso le 19 il sole tramonta e non ti aspetta altro se non una serata e una nottata infinite, al buio dentro una tenda gelida? Le strade del campo sono sterrate, senza né nomi né cartelli con le indicazioni, ma dopo dieci minuti siamo riusciti a uscire. Per me tutte le tende si somigliano ma Arianna, che viene qui da tanti anni, sa riconoscerle quasi tutte con un’occhiata (a chi appartiene questa o quella tenda). Ieri sera, con tutte quelle persone a perorare la propria causa, è stata tosta perché davvero ti rendi conto di quanto la vita sia ingiusta e di come queste persone soffrano in silenzio, come se in realtà non si aspettassero mai niente e fossero abituate a convivere con il freddo, la fame e tutte le altre problematiche del campo.

L’importo totale dei diritti di autore, escluse le spese di spedizione/stampa, è devoluto a Support and Sustain Children.

Foto dal Campo profughi
Foto dal Campo profughi
Esperienze nel campo porfughi

Fotografie di Paolo Messina per Support and Sustain Children

0 0 votes
Article Rating
Subscribe
Notificami
guest

0 Commenti
Oldest
Newest Most Voted
Inline Feedbacks
Guarda i commenti
Torna in alto